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lunedì 22 giugno 2015

Ricerca sulla Origine dello Stemma Araldico di Ancona.

IL PRIMO STEMMA DI ANCONA

 a cura di Benedetta Nicolussi

Antichissimo, risalendo alla remota antichità, è l'uso degli emblemi come insegna simbolica gentilizia, nazionale o di città, o di grandi personaggi. Basti qui ricordare l'aquila d'oro dei Re Magi, il Leone di Giuda, la civetta di Atene, la sfinge di Augusto.
Quale fu il primo emblema di Ancona? Le opinioni in proposito sono numerose e discordanti, com'è  ovvio avvenga quando esse siano spesso enunciate lavorando di fantasia e non basandosi su sicuri dati di fatto. Così il Ciavarini (3) nel riassumere quanto prima di lui era stato scritto in proposito, poté risalire perfino ai mitici re d'Italia Giano e Saturno e parlare di un << capo di Giano>>, di una << poppa di nave>> e affermare che Ancona << durante la confederazione picena ebbe per stemma prima un picchio, poi un leopardo e poi un leone >> indicandone come prove quanto appare nei <>. Stemmi i quali – sempre secondo il Ciavarini – avrebbero preceduto quello adottato <> e, cioè, il braccio ricurvo.
Ma quando – messa da parte la fantasia, la quale non è certo la migliore guida per lo studioso di storia – si prendono in serio, attento esame le leggende, le fonti storiche, i documenti pervenuti fino a noi, la risposta non può essere che             questa: il primo emblema sicuro di Ancona appare nel periodo in cui la città entrò nell'orbita luminosa della civiltà ellenica e fu il braccio ricurvo. Cioè il gomito, che offriva la plastica raffigurazione del territorio sul quale la città era sorta, suggerendone, dirò così, il nome: ANCON. Nome che grecamente, com'è noto, significa appunto gomito.
Analogamente la Sicilia dai suoi tre promontori – il Peloro, il Pachino ed il Lilibeo – aveva derivato il nome di Trinacria ed espresso nella Triquetra il suo emblema (4).
Se poi questo nome – ANCON – sia, come immaginò Peruzzi (5), la traduzione in greco di altro precedente ed avente in lingua osca uguale significato lascio ai componenti in materia di stabilire, come pure non credo sia il caso di esaminare la fondatezza di quanto asserì Lando Ferretti nella sua <> dove, accettata la leggenda che la città sia stata fondata dalla Regina Fede, vedova di un re di Persia, aggiunge che il primo nome di Ancona fu Fidefora.
Il braccio ricurvo, con in mano un ramoscello – nel quale alcuni ravvisano la palma, altri la cerasa marina di corbezzolo, ed altri ancora una penna (6) lo troviamo nelle poche monete superstiti di quel periodo lontano, ma storicamente accertata, durante il quale Ancona, sotto il propizio stimolante influsso della grande civiltà ellenica – conosciuta ed assimilata attraverso l'immaginazione di un gruppo di siracusani – vide i suoi rustici pagi, sorti sui colli ora detti del Guasco e dei Cappuccini, fondersi ed assumere il rango di città. Tra la fine del sesto e l'inizio del quinto secolo avanti Cristo.
Ormai nessuno potrebbe seriamente sostenere la tesi ( purtroppo però ancora accolta e diffusa in pubblicazioni anche ufficiali ) che Ancona fu fondata ex novo dai siracusani fuggenti la tirannia di Dionigi il Vecchio, o, come altri ritennero, dallo stesso Dionigi inviati a stabilirsi in quei punti del litorale adriatico i più adatti come approdo e come centro per i traffici commerciali della fiorente Siracusa. La tesi, del resto, era già stata implicitamente rigettata dagli scrittori che avevano attribuito la fondazione di Ancona alla mitica Regina Fede, come Lando Ferretti, o ai Siculi, come Francesco Ferretti ed Augusto Peruzzi, o agli Etruschi come il Fatatio. E l'avevano anche ripudiata Antonio Leoni nella sua << Ancona illustrata >> nel 1832 (7); Nereo Alfieri nella << Topografia storica di Ancona antica >> nel 1938; Mario Moretti nell' <> nel 1945; Marina Salinari Emiliani: Ancona, nel 1955 (8).
L'Alfieri aveva, inoltre, avanzato l'ipotesi che non i siracusani, ma prima di loro i naviganti greci, avessero dato alla città il nome di Ancon, loro suggerito dalla forma del territorio, << A graecis dieta est Ancon >> aveva infatti scritto Pomponio Mela.
L'opinione dei sostenitori della tesi che Ancona fu valorizzata,  ma non creata dal nulla dai siracusani, trovò di recente la sua conferma nelle scoperte archeologiche della Dott. Delia Lollini sul Colle Guasco ( che il Peruzzi con felice intuizione aveva definito << culla di Ancona >> ) e su quello dei Cappuccini (9). Quanto la Dott. Lollini mise in luce ci diede la prova che durante la età del ferro un notevole aggregato umano si era già insediato sui due colli, parecchi secoli prima dell'avvento dei siracusani. Le fortunate recenti scoperte vennero così a riallacciarsi, integrandola, a quella di una vasta necropoli anconitana esplorata nell'ottocento e dagli archeologi attribuita al IX-X secolo (10).
Senza essere archeologo, mi permetto di osservare che, in verità, dall'accertata esistenza della necropoli si sarebbe già fin dall'ottocento, potuto dedurre l'esistenza di un abitato coevo che la alimentasse, e, conseguentemente, fai risalire al IX-X secolo anche la prima origine di Ancona.
Quando, provenienti dalla Sicilia, in epoca che è vano voler precisare con esattezza, come qualche cronista ha tentato, i siracusani furono ospitati sui colli di Ancona è lecito supporre che si affiatassero e gradualmente si fondassero con i primi abitatori del luogo.
Apportatori di una civiltà di gran lunga superiore, i nuovi venuti dovettero imprimere all'aggregato umano del quale entrarono a far parte un vigoroso impulso a forme elevate di vita sociale, politica ed intellettuale, esercitando sui loro nuovi concittadini – prima dediti prevalentemente alle rudi fatiche dei campi e delle armi – una sempre crescente benefica influenza. Ciò dovette – penso – avvenire non per violenza conquista armata, non contro la volontà dei preesistenti abitatori del Guasco e dei Cappuccini, ma anzi con il loro consenso e per quel naturale processo di suggestione e di ammirazione che costringe gli uomini, volenti o nolenti, pur tra le tenaci resistenze di qualche misoneista, a riconoscere la superiorità altrui quando questa si concreti in manifestazioni di valore pratico ed intellettuale che sia impossibile negare e disconoscere.
Mi sembra possa autorizzare questa mia ipotesi la circostanza innegabile che nella tradizione e nelle leggende, riecheggiate dai nostri cronisti, dell'avvento siracusano non si parla mai come di un episodio sgradito e sopportato, come di una invasione violenta, ma bensì sempre come di una immigrazione pacificamente verificatesi ed accettata di buon grado assegnando ai nuovi venuti il terzo dei colli che coronano Ancona: l'Astagno (11).
Riallacciandomi perciò a quanto già riferii sull'opinione espressa dall'Alfieri che, anche prima della colonizzazione siracusana i navigatori ben concessero i nostri lidi ed avessero dato il greco nome ad Ancona, mi sembra non ardito supporre che l'immigrazione siracusana sia stata il felice epilogo d'una fitta serie di precedenti contatti commerciali che avevano permesso ai due popoli di conoscersi e di volentieri accettare una coesistenza politica e sociale.
La città poté così – anche con l'opera dei nuovi abitatori – esser cinta di mura protettrici, darsi ordinamenti migliori. Le relazioni con i popoli vicini e lontani poterono con reciproco vantaggio intensificarsi mettendo a frutto la conoscenza che i nuovi venuti possedevano dei luoghi e dei mezzi più idonei a favorire i lucrosi commerci.
Come è naturale, dallo svilupparsi ed accrescersi dei commerciali rapporti presto si dovette sentire dagli anconitani la necessità di disporre di una moneta, sempre sicuro indice di autonomia politica e di floridezza economica. Nel batter moneta, forti dell'esperienza acquisita nella prima patri, Siracusa, i nuovi cittadini di Ancona imitarono, com'era naturale, i criteri e le forme della monetazione siracusana.
Processo questo di civilizzazione che nessuno forse avrebbe potuto meglio determinare e guidare. Perché è ben noto agli studiosi quale, all'epoca di cui parliamo, sia stato il ruolo di Siracusa tra le città greche e della Magna Grecia.
Siracusa, - ripetendo illustri origini da Archia – che nel 735 A.C. l'aveva fondata, continuando con essa in terra italiana la grande tradizione della nativa Corinto, famosa per artistico gusto, per genialità inventiva, per esperienza nei commerci – era la più idonea a trasmettere ad Ancona quella splendida civiltà che l'aveva posta alla pari, se non al di sopra, delle maggiori città ellenizzanti come Napoli, Taranto, Segesta ed Imera. Nel campo della monetazione siracusana basterà qui ricordare gli stupendi decagrammi argentei di Evènto e di Cimone, con nel diritto la testa di Proserpina circondata dai quattro guizzanti delfini e nel rovescio la veloce Vittoria volante (12).
Così, oltre che dalle fonti storiche e delle opere d'arte superstiti che si ammirano nel nostro Museo Nazione delle Marche, la documentazione di questo periodo di antichissima civiltà anconitana ellenizzante ci è offerta dalla numismatica.
Studiosi italiani e stranieri presero in esame le monete allora coniate in Ancona. Poche ne restano, come era inevitabile trattandosi di esemplari che risalgono ad oltre due millenni.
Alcuni numismatici, come il Garrucci ed il Castellani, ritennero di notevole importanza questa zecca anconitana attribuendole parecchie monete. Altri, invece, come la Cesano, credettero di poterne minimizzare l'attività riducendola quasi ad un solo bronzetto del periodo tra il 290 e 268 avanti Cristo (13). Mi sembra però ardito a tanta distanza di tempo, voler stabilire l'entità di questa monetazione. Perché, oltre che della naturale rarefazione, e forse della totale perdita di alcuni esemplari, è doveroso tener conto del fatto che le monete, specialmente quelle di cospicuo valore intrinseco ( coniate di solito in non molti esemplari ) possono esser state trasformate per adattarne ad altri usi la preziosa materia. Le notizie che abbiamo di esemplari pervenuti fino a noi ci inducono a non dividere l'opinione della Cesano, per quanto autorevole essa sia.
Da Carisio Ciavarini apprendiamo (14) che nel 1884 il Gabinetto Archeologico delle Marche ( che fu, dirò così, l'incunabolo dell'attuale nostro grandioso Museo Nazionale ) possedeva << la serie delle più antiche monete di Ancona >> avute in deposito del Medaglione del Comune. Da cronisti e da scrittori anconitani ci sono stati inoltre ricordati i musei ed i privati cittadini che di quelle antichissime monete possedevano esemplari fornendocene anche la riproduzione di fedeli disegni (15).
Possiamo così constatare che le monete appartenevano a quel genere che i numismatici chiamano <> perché battute da città e popoli indipendenti. Infatti esse non portano l'effige di un sovrano, ma quella di una divinità: Afrodite ( la Venere dei Romani ) cinta il capo di mirto, o di alloro, come qualcuno ritenne. Afrodite, protettrice della navigazione e della nostra città marinara. Sul rovescio vediamo il gomito, del quale ho già parlato, con in mano il ramoscello (16).
Nel campo in alto sono due stelle ad otto raggi. Cosa rappresentano? Anche qui divergono le opinioni. Ci fu chi pensò che le stelle fossero i segni indicatori del valore delle monete, ma, poiché nelle monete greche quasi mai è indicato il valore, essendo questo determinato dal peso e dal volume degli esemplari i più ritennero che le stelle rappresentassero i due eroi gemelli – Castore e Polluce –. Anch'essi propizi ai naviganti e così simboleggiati in due stelle che guidano il cammino, anziché, realisticamente, come due giovani cavalcanti un unico destriero, quali li vediamo nelle monete degli antichi Re della Siria e, più tardi, sempre a cavallo, nel primo argenteo denaro di Roma nel periodo repubblicano.
Nell'esergo, in lettere capitali, com'era d'uso nelle monete greche autonome, figura il nome della città: ANCON.
Di questo primo stemma di Ancona con il gomito possediamo la documentazione anche in antiche sculture in pietra. Tre esemplari ne custodiva il già citato Gabinetto Archeologico delle Marche (17). Di uno di essi ha disegnato la fedele riproduzione lo Scultore Vittorio Morelli. È noto che oggi lo stemma con il gomito è l'emblema della provincia di Ancona che volle così ricordare l'antichissimo stemma della capitale delle Marche. 

(indicazioni di riferimento nel prossimo post. contatti: studentiecultori2009@libero.it)



martedì 16 giugno 2015

Polverigi 26 luglio: Pranzo del Batte


Carissimi amici,
qualcuno di voi non conosce il “Pranzo del Batte” che la nostra associazione organizza ormai da anni in un programma di recupero della antica gastronomia contadina locale che comprende: La Pista del maiale (inverno) - Il gioco dell’oste (inizio quaresima) - Il pranzo del batte (trebbiatura) - scanafoja (lo scartocciamento del Granturco) - e la festa del vino novello (a novembre).
Purtroppo, poiché le manifestazioni devono essere “vere”, non sempre riusciamo a farle ogni anno in quanto ad es, “scanafoia” è sospesa da tre anni in quanto  richiede una vera scartorcciatura del mais che ormai  nei nostri dintorni, da tre anni nessun agricoltore pianta più.
Così, mentre le altre manifestazioni sono diventate “saltuarie” l’unica che non conosce interruzioni è appunto quella del pranzo del Batte  di cui vedete qui sotto il preavviso, per l’eccezionalità dell’anno che ci vede impegnati nei lavori della sede.

FESTA DEL BATTE POLVERIGI 26 LUGLIO 2015. OCCORRE LA PRENOTAZIONE
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Per informazioni
s.rigotti@fastnte.it

lunedì 15 giugno 2015

Castel d'Emilio. 14 giugno 2014 Commemorazione Caduti della Grande Guerra

il 15 giugno 1915 alla testa della sua compagnia cadeva sul fronte dolomitico
 Corrado Milesi Ferretti 

1915-2015
  
Domenica 14 giugno 2014 si è tenuta, in occasione del Centenario della Grande Guerra e del Centenario della Morte di Corrado. Milesi Ferretti, avvenuta il 15 giugno 1915 a Soun Pauses (Cortina) una Cerimonia commemorativa voluta ed organizzata dalla Accademia di Oplologia e Militaria, in collaborazione con il Centro Studi di Agugliano e Castel’Emilio, e con la Società di Operaia di Mutuo Soccorso di Castel d’Emilio,

La Cerimonia, sobria e significativa è iniziata con l’arrivo nella sede della Società Operai di Mutuo Soccorso dei partecipanti in un clima di serenità e partecipazione; ci si è recati , poi, alla porta del Castello, sede delle lapidi commemorative dei Caduti di tutte le guerra. Qui si è svolta la breve cerimonia religiosa. Un diacono, in rappresentante del parroco di Agugliano Don Michele, con estrema simpatia, ha recitato le preghiere della Domenica e letto alcuni salmi; poi a benedetto il mazzo di fiori, bianco rosso e verde che il Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso ha deposto sulle lapidi. Aroldo Berardi ha preso la parola, a nome del Centro Studi di Agugliano e Castel d’Emilio, sottolineando che la cerimonia, nel suo significato fondamentale, deve essere un momento di riflessione e di apertura sopratutto verso le nuove generazioni, che rappresentano il domani della comunità. Attraverso queste ragioni,oltre ad educare i giovani ad una civile convivenza, li si educa alla costruzione della memoria e del rispetto del passato.

 Trasferitesi nella sala   Sala Grande della Società Operaia di Mutuo Soccorso, Massimo Coltrinari ha tracciato un breve quadro delle circostanze in cui è avvenuta la morte                 di C. Milesi Ferretti, nel Centenario della Morte avvenuta il 15 giugno 1915 sul fronte dolomitico, e ricordando anche gli altri Caduti di Castel d’Emilio  ha sottolineato la il fatto che la cerimonia odierna è stata  promossa nella convinzione che una persona è veramente morta quanto viene dimenticata. Ricordare a cento anni di distanza chi, nel fiore della gioventù, diede la vita alla Patria, superando gli aspetti retorico, vuole avere il significato di ricordare a tutti noi, e soprattutto alle giovani generazioni, i Nostri Padri che si sacrificarono per noi e che noi Li ricordiamo con riconoscenza e gratitudine.

Il presidente della Accademia i Oplologia e Militaria, Massimo Ossidi, ha salutato gli ospiti a nome della Accademia e ringraziato gli intervenuti.

L’occasione, poi, è stata colta per portare alla attenzione di tutti il progetto di trasferimento della Lapide, attualmente presso l’Asilo Infantile, progetto che prevede il trasferimento della lapide stessa in un luogo più usufruibile da parte di tutti di Castel d’Emilio. In un dibattito molto interessante e corretto, con la partecipazione di tutti, sono state avanzate varie proposte, tutti ampiamente condivisibili, alcune da realizzarsi anche nei prossimi anni; tra queste  è emersa quella di apporre la lapide nella facciata della Canonica accanto alla Chiesa, di modo che sia ben visibile e al centro ella attenzione di chiunque.
Ha preso infine la parola l’Assessore alla Cultura del Comune di Agugliano,Paolo Belelli, che ha espresso l’appoggio al progetto relativo al trasferimento della Lapide, e che seguirà con attenzione i relativi sviluppi. Infatti il Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso, Paolo Nisi, ed il presidente della Accademia i Oplologia e Militaria, Massimo Ossidi,  hanno inviato, tramite Aroldo Berardi, un dossier con la lettera di richiesta di trasferimento della Lapide al Parroco di Agugliano, don Michele, affinchè lo trasmetta alla Curia Arcivescovile per le necessarie autorizzazioni.

Con l’aiuto di Vinicio e di latri volenterosi, questa giornata sarà ricordata con l’esposizione di una litografia del 19120 raffigurante Enrico Toti, medaglia d’oro al valor militare, nella sala della Società Operaia di Mutuo Soccorso

La giornata si è conclusa con la volontà di portare a termine il progetto del trasferimento della lapide, inteso come operazione culturale e di preservazione della memoria , segno della vitalità e dell’alto profilo civico di tutta la comunità di Castel d’Emilio

Al termine, gentilmente offerto, si ì tenuto il tradizionale Vin d’honneur

(massimo.coltrinari@libero.it) 



Castel d'Emilio 14 giugno 2015. Ricordati i Caduti della Grande guerra


Castel d'Emilio. 14 Giugno 2014. Resoconto Fotografico

















domenica 7 giugno 2015

Castel D'Emilio. Un progetto da finalizzare

Riportiamo la lettere che
 il Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso 
 Paolo Nisi
e il Presidente della Accademia di Oplologia e Militaria
 Massimo Ossidi
 hanno inviato al Parroco di Aguglia Don Michele per l'avvio dell'iter per ottenre l'autorizzazione del trasferimento della Lapide


La Lapide appost all'Asilo nelle condizioni attuali


Al Parroco
Don Michele
Della Parrocchia Santa Maria di Nazareth
 Agugliano (Ancona)

e per conoscenza,
 All’Assessorato alla Cultura del Comune di Agugliano, Agugliano
Castel d’Emilio 9 giugno 2015


I sottoscritti, Paolo Nisi, Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Castel d’Emilio e Massimo Ossidi, Presidente della Accademia di Oplologia e Militaria di Ancona, in collaborazione con il Centro Studi di Agugliano e Castel d’Emilio, hanno da tempo messo in essere il progetto di recupero di ogni forma di memoria nell’ambito del territorio; sono state promosse varie iniziative a questo fine che, in parte, hanno sensibilizzato la popolazione su questo tema.

Nella data anniversaria del centenario della Prima Guerra Mondiale, nel quadro di iniziative volte a promuove il ricordo di chi in questa Guerra ha dato la vita, per questo anno e per i prossimi  sono previsti incontri di studio sulla figura e sull’azione di quegli eventi.

Lo scorso 17 gennaio si è tenuta un evento alla Società Operaia di Mutuo Soccorso in cui è stata ricordata la figura di Lamberto Duranti. A breve, ci sarà un altro evento in cui si ricorderà la figura di Corrado Milesi Ferretti, morto il 15 giugno 1915 sul fronte di Cortina. Al riguardo, veniamo al motivo di questa lettera.

A Corrado Milesi Ferretti era stata dedicata, subito dopo la fine della guerra, una lapide, che fu apposta nell’Asilo di Castel d’Emilio a lui intitolato; ancora questa lapide è nel sito originario.

La nostra richiesta è la seguente: stante la attuale situazione dei locali dell’Asilo Infantile, in attesa di destinazione ma sostanzialmente chiusi, si chiede l’autorizzazione a traslare la lapide dedicata a Camillo Milesi Ferretti presso i locali della Società Operaia di Mutuo Soccorso. I motivi che sottendono a questa richiesta sono, primariamente, la possibilità di usufruizione di questa memoria per tutti gli abitanti di Castel Emilio, come segno notorio della loro memoria storica; secondariamente per possibili motivi di conservazione e preservazione della lapide stessa.

I sottoscritti dichiarano, una volta ottenuta l’autorizzazione alla traslazione,  che tutti gli oneri concernenti questa richiesta sono a loro carico.
In allegato, documenti a corredo della richiesta.

Una cerimonia per l’inaugurazione della Lapide nel nuovo sito è prevista per il prossimo 4 novembre, in concomitanza con la data anniversaria della fine della Grande Guerra.

Nel ringraziare per l’attenzione prestaci, confidando che la richiesta sia presa in esame con lo spirito che ci anima, ovvero quello di svolgere un servizio alla comunità, in attesa di una risposta, porgiamo i più ossequiosi e cordiali saluti


Paolo Nisi                                                                       Massimo Ossidi
Presidente                                                                        Presidente
Società Operaia di Mutuo Soccorso……………………Accademia di Oplologia e Militaria

Castel d’Emilio                                                               Ancona




L'elenco dei Caduti di castel d'Emilio nella Prima Guerra Mondiale