Centro Studi di Castel d'Emilio ed Agugliano

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mercoledì 29 dicembre 2010

A TUTTI I LETTROI DI QUESTO BLOG
I MIGLIORI AUGURI
DI UN SERENO, PROSPERO E FELICE
ANNO 2011

lunedì 20 settembre 2010

E' uscito il volume:
L'investimento e la presa di Ancona
La conclusione della campagna di annessione delle Marche
20 settembre - 8 ottobre 1860
di
Massimo Coltrinari

278 pag., ill, 20,00.
è reperibile presso tutte le librerie d'Italia
In Ancona, presso la Libreria Canonici, Via Garibaldi 112,
per ordini diretti: ordini@nuovacultura.it, oppure risorgimento23@libero.it

Il volume riporta la prefazione del Sindaco di Ancona,
prof. Fiorello Gramillano

giovedì 1 aprile 2010

CASA EDITRICE NUOVA CULTURA
PER AVERE I LIBRI DELLA
COLLANA STORIA IN LABORATORIO
Contatti
Casa Editrice Luigi Traiano
Presidente CDA Gennaro Guerriero Direttore generale T (+39) 06 97613088 gennaroguerriero@nuovacultura.it skype: gennaro.guerriero
Redazione 06 97613688 redazione@nuovacultura.it Libreria La Sapienza
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Nuova Cultura

venerdì 26 marzo 2010

Comune di Ancona 1° CIRCOSCRIZIONE
In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Sabato 3 Aprile ore 17,30 verrà presentato il Volume:
Il Combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo

18 settembre 1860

di Massimo COLTRINARI
-storico anconetano-

Con l’autore partecipano:
Alessandra Poggi - ricercatrice
Eugenio Paoloni - presidente “Fondazione Ferretti” di Castelfidardo

SABATO 3 APRILE - ORE 17,30
CENTRO POLIFUNZIONALE – Pietralacroce - AN

Il Volume è disponibile presso la Libreria Canonici Corso Garibaldi 112 Ancona 071 712 202300

Seminario di Studi La Calkda estate del 1943
Chiancinao 20-21 marzo 2010
Sono state poste le basi per una nuova “scuola” di storici non ideologizzati con i quali sarà possibile riscrivere, ma in alcuni casi scrivere per la prima volta, gli eventi di uno dei periodi più tragici per l’Italia, quello legato alle vicende armistiziali dell’8 Settembre 1943, alle scelte che vennero individualmente o in gruppo fatte dai singoli, militari o civili che fossero, delle conseguenze di tali scelte, spesso imposte dal contingente, che sfociarono in tragedie ancora poco note o addirittura ignorate se si esclude i pochi super informati addetti ai lavori.
L’occasione è stata data da un seminario di studi della durata di due giorni che si è svolto a Chianciano nell’ambito del Consiglio Nazionale dell’Associazione Nazionale Combattenti della Guerra di Liberazione inquadrati nei Reparti regolari delle Forze Armate (Ancfargl) che ha sancito la nascita di una nuova sezione specialistica denominata “Studiosi e cultori della materia” alla quale saranno ammessi, dopo un periodo di prova biennale, studiosi avviati o giovani promettenti leve impegnati in dottorati di ricerca su materie attinenti la Guerra di Liberazione. L’iniziativa fa seguito alla creazione da parte dell’organo associativo, la rivista “il Secondo Risorgimento d’Italia” scaricabile dalla pagina web http://www.secondorisorgimento.it/rivista/sommari/quadrosommari.htm, di una collana di volumi, di cui il sesto della serie “Salvare il salvabile” ha costituito il filo conduttore del seminario nonostante esso sia ancora in fase avanzata di pubblicazione, ma ancora in bozze di stampa e non in libreria.
La tesi sostenuta dal volume è fortemente innovativa, se pure non originale in assoluto come ipotesi, comunque sotto il profilo del “quadro indiziario” di fonti documentali ad essa convergenti appare articolata e ben argomentata, come mai in precedenza, nel delineare uno scenario in cui una fazione, se non il vertice politico militare del tempo nel suo complesso, aveva intrapreso le trattative armistiziali con il fine ultimo di adescare, in perfetto accordo con la Germania ancora alleata, gli angloamericani in una trappola, in un inganno strategico volto a sfruttare le informazioni scambiate in sede di trattative per ributtarli in mare e magari riconquistare la Sicilia che Hitler il 19 luglio a Feltre aveva descritto come la futura Stanlingrado della coalizione nemica.
Il piano ipotizzato nel volume di prossima pubblicazione e commercializzazione non avrebbe però funzionato all’atto pratico per il crollo del fronte interno che il regime aveva sottovalutato, nonostante a seguito dell’avvicendamento di Mussolini con Badoglio il 25 luglio avesse dovuto ricorrere al metodo del bastone (forti misure di ordine pubblico) e della carota, proclamando la caduta del fascismo, sia pure con l’instaurazione di un governo militare e non della democrazia pre regime.
Ai giovani studiosi (età media 30 anni) che hanno partecipato al seminario il direttore e coordinatore Massimo Coltrinari aveva solo fornito uno spunto di approfondimento, senza neppure fare loro leggere, per non influenzarli, il relativo capitolo del volume “Salvare il salvabile”. Il risultato delle loro ricerche è stato sorprendente, in particolare per quanto riguarda una delle argomentazioni a sostegno della tesi di “inganno strategico” secondo la quale la cosiddetta “fuga da Roma” fu un semplice trasferimento a Chieti, dove nel requisito Palazzo Mezzanotte si era cominciato a mettere in piedi una sorta di comando supremo prima che gli eventi, sfuggiti di mano, portassero ad un cambio di programma e l’imbarco sulla corvetta “Baionetta” per fare rotta verso Brindisi e formalizzare quella resa, che avrebbe dovuto invece, secondo l’ipotesi del libro, fungere da specchietto per le allodole. Numerosi gli elementi aggiuntivi frutto di una ricerca condotta in loco, rispetto quelli già riportati in “Salvare il salvabile”, nel senso del potere e delle istituzioni del tempo.
Perora non possiamo dire di più, se non che, in particolare le relazioni relative ai reparti italiani impiegati all’Estero e colti dall’armistizio oltremare, hanno disegnato uno scenario che è difficile immaginare.
Nel congedarci, Massimo Coltrinari ci informa che una analoga due giorni di più ampio respiro si terrà a Roma il 9 e 10 aprile prossimi. Non dispera in quei giorni di avere in mano le prime copie definitive del libro.
Giorgio Prinzi

sabato 16 gennaio 2010

Biografie dei personaggi pontific nelle Marche nel 1860
Achille Azzanesi

Nacque a Roma il 10 agosto 1823.
Entrato in servizio nell'esercito pontificio il 10 agosto 1839 come semplice soldato di fanteria, il 10 maggio 1840 fu nominato cadetto al 4° battaglione fucilieri; il 22 gennaio 1847 fu promosso sottotenente.
Combattè valorosamente a Cornuda e a Vicenza nel maggio e giugno 1848 e nell'anno seguente a Roma contro i Francesi.
Divenne tenente il 21 giugno 1850.
Si segnalò a Castelfidardo, partecipò alla repressione del brigantaggio nel Lazio meridionale da 1864 al l867 e alla difesa e riconquista del Viterbese nell'autunno del 1867. II 20 settembre 1870, colonnello comandante il reggimento di Linea assunse il comando della prima zona di difesa che comprendeva la città Leonina ed il Vaticano.
Come tutti i suoi commilitoni fu fedelissimo a Pio IX, anche dopo la conquista di Roma; in occasione delle solenni funzioni in piazza S. Pietro, in onore dell'Immacolata Concezione (8 dicembre l870) fu tra i tanti cattolici che inneggiarono al Papa; riconosciuto da alcuni facinorosi anticlericali venne assalito con ingiurie e insulti.
Personaggio tra i più noti della Roma del tempo, di grande valore e di profonda cultura si spense nella sua città nel 1888.
Fu insignito della commenda degli ordini Piano, di Francesco I di Napoli, dell'Aquila Estense e della Croce di S. Gregorio Magno; decorato delle medaglie Pro Petri Sede in oro e Fidei et Virtuti.
Biografie dei Personaggi Pontifici degli eventi del 1860 nelle Marche
Joseph Eugéne Allet

Nato a Loeche en Valais, Svizzera, il 18 febbraio 1814, inizia la sua carriera nell'esercito pontificio il 16maggio 1832 col grado di sottotenente del Reggimento Estero: è promosso tenente il 17 dicembre 1836.
Nel 1854 al comando di una colonna di svizzeri e di volontari pontifici, si scontra con gli insorti del moto suscitato da Pietro Renzi al confine tra la Toscana e lo Stato Pontificio, riuscendo disperderli in località Balze.
Prende parte con le truppe pontificie alle operazioni contro gli austriaci ne1 1848 e a Vicenza rimane seriamente ferito.
E' nominato capitano il 17 gennaio 1852, maggiore il 1° febbraio, tenente colonnello il 7 agosto 1860.
Il 18 settembre partecipa alla battaglia di Castelfidardo sempre esponendosi tra i primi e ottenendo per il suo valoroso comportamento la medaglia Pro Petri Sede in oro.
Il 21 marzo 1861 passa col suo grado al corpo degli Zuavi; diviene colonnello comandante il reggimento il 16 dicembre 1866; guida i suoi uomini nella vittoriosa giornata di Mentana.
Durante l'assedio di Roma comanda la linea di difesa sulla sinistra del Tevere -seconda zona- che, attaccata a fondo dalle divisioni Cosenz e Mazé de la Roche, oppone per più di quattro ore una vivace resistenza.
II 25 settembre 1870, a Civitavecchia, sul ponte della fregata Orenoque, dopo la lettura dell'ordine del giorno, simbolico addio del generale de Courten e dopo la celebrazione della Messa, rende gli ultimi onori alla bandiera del reggimento -abilmente sottratta ai vincitori dal capitano de Fumel- e la distribuisce in minuti pezzi ai commilitoni.
Rivolge, a sua volta, agli Zuavi un commosso congedo.
Muore a Loeche il 23 marzo 1878 mentre in ginocchio recitava il S. Rosario.
Era insignito della croce di cavaliere dell'Ordine Piano, della commenda dell'Ordine dell'Aquila Estense, della commenda dell'ordine reale di Francesco I di Napoli, della croce di cavaliere dell'Ordine di S. Gregorio Magno, dell'Ordine della Legione d'Onore, della medaglia Fidei et Virtuti.

lunedì 4 gennaio 2010

Per approfondire
In Biblioteca sono presenti vari volumi dedicati agli eventi del 1860
L'ultima acquisizione è il volume di Massimo Coltirnari Il Combattimento di Loreto, detto di Castelfidardo, Roma, Edizione Nuova Cultura, 2009, 332, pag. euro 21,50

Il Combattimento di Loreto, detto di Casteflidardo



Il Combattmento di Castelfidardo fu combattut il 18 settembre 1860 fra l'Esercito Sardo, al Comando del Cialdini, e l'Esercito Pontificio al comando del De La Moricière. L'esito vittorioso per i sardi di tale battaglia permise di porre l'assedio ad Ancona da parte di Manfredo Fanti che, in cooperazione con la flotta al comando del Persano permise di chiudere in brevissimo tempo la campagna nelle Marche e nell'Umbria. Vittorio Emanuele II, giunto ad Ancona il 3 ottobre 1860, alla testa del suo Esercito marciò al sud ove, a Teano, incontrò Giuseppe Garibaldi determinando la fine del Regno delle Due Sicilie e segnando una tappa fondamentale nel processo unitario della nostra Patria.

L'importanza di Castelfidardo in questo processo è evidente: con essa veniva a porre termine il potere temporale dei Papi nelle Marche e nell'Umbria, a premessa della fine definitiva di esso attuata nel 1870. Proprio per questa sua importanza, la battaglia di Castelfidardo è stata sempre oggetto di attacchi di parte volti a dimostrare la sua inconsistenza e non importanza, e, a più largo orizzonte, a ripristinare quei valori (negazione dei valori patri ed unitari, esaltazione del potere temporale dei Papi, validità della amministrazione clericale, annullamento della amministrazione civica ecc.) che con essa e con il suo esito vittorioso sembravano definitivamente sepolti.

Di questa situazione se ne possono vari esempi: la costanza denigrazione dell'azione del Cialdini, in sistema con la totale negazione del ruolo di Manfredo Fanti. Il primo artefice sul piano tattico, il secondo su quello strategico, tanto che la campagna nelle Marche e nell'Umbria ebbe durata limitata, con Ancona, piazzaforte pontificia di tutto rispetto, che cadde in soli quattro giorni. Ancor più ha significato questo dato se lo si raffronta con l'assedio di Gaeta, successivo, che in proporzione fu estremamente impegnativo. Soprattutto su Cialdini le dicerie e le azioni denigratorie si ebbero in varie epoche in modi anche violenti.

Si pubblicherà quanto prima la ricerca, esposta all'ultimo convegno di Castelvetro, che è una ricostruzione dei movimenti del Cialdini nella giornata del 18 settembre 1860, in cui viene indicata anche la bibliografia essenziale sulla Battaglia di Castelfidardo. In ogni caso il pregevole volume di Attilio Vigevano, La Campagna delle Marche e dell'Umbria, Ministero della Guerra, 1920, è un opera ampiamente esplicativa dei fatti del settembre 1860 nelle Marche.

venerdì 1 gennaio 2010

Diario della Campagna di Etiopia di un Castelferettese

1937
Da Castelferretti in Abissinia

… ci venivano gettati fiori e baci, ovunque si vedevano sventolare bandierine e fazzoletti e tutto ciò stava a dimostrare quanto questo Battaglione stesse a cuore al popolo anconetano, orgoglioso di dare alla Patria giovani sì fieri rappresentanti il fior fiore della nuova gioventù marchigiana. Giunti alla stazione, la trovammo gremita di popolo di ogni sesso e di ogni casta. Il poco tempo che precedette la partenza del treno, rimarrà impresso eternamente nella nostra mente. Ovunque si vedevano madri – spose – fidanzate ecc. salutare piangenti i loro cari era uno spettacolo commoventissimo e indimenticabile. Infine il treno si mosse allora la musica intonò la canzone – Cantate di Legionari, e noi tutti facemmo coro a questa canzone, mentre il popolo commosso salutava sventolando bandierine e alzando le mani nel saluto fascista finché il treno non disparve alla vista di tutti. In ogni stazione che passavamo, ovunque si ripetevano le stesse scene, gente che salutava, donne che si asciugavano gli occhi, sventolio di bandiere e musiche. Infine giungemmo a Serra S. Quirico luogo in cui dovevamo compiere addestramenti militari prima di partire per la nostra destinazione. Durante la nostra permanenza al campo, ricevemmo la visita di S. E. Russo G. di S. M. della 116 V. S. M. il quale ebbe una buonissima impressione circa il nostro superbo inquadramento, tanto che definì il nostro Battaglione anziché108° Cento ottimo Battaglione. Terminata la rivista di S. E. dopo che ci ebbe fatto un discorso con il quale comprese quanto elevato fosse il morale di noi legionari e da quale spirito fascista e patriottico fossimo animati. Ovunque si gridava: Duce! Duce! E Spagna! Spagna! A questo grido, emesso da centinaia di petti e attestante da quale desiderio fossimo animati, S.E. rimase commosso e dopo averci dette altre parole di elogio, ci promise che avrebbe riferito al Duce quello che era il nostro desiderio e il nostro entusiasmo. Dopo alcuni giorni il paese di s. Quirico ci offrì la bandiera di combattimento. A questa cerimonia intervennero il Federale di Ancona e tutti i Gerarchi della Provincia ed anche in questa occasione ebbe modo una bella dimostrazione.

Serra S. Quirico 6-10-1937
Finalmente dopo più di un mese di addestramenti militari è giunto il tanto desiderato ordine di partenza. Basta guardare in viso ogni legionario per comprendere quanto era desiderato questo ordine e in ogni volto si poteva leggere la gioia e la soddisfazione che ogni singolo provava nel vedere dopo un mese di ansie e di timori, realizzato il proprio sogno di poter servire con le armi la Patria e la fede Fascista. Il tempo però in questo giorno di gioia per noi legionari si era fatto burrascoso e contrastava singolarmente con il volto allegro di tutti noi! Alle ore 22, perfettamente inquadrati prendemmo il via dal paese che ci ebbe ospitati per tanti giorni. Da ogni balcone ci venivano gettati fiori e baci, in ogni angolo si vedevano persone salutare commosse mentre il tempo che in tutta la giornata si era mantenuto grigio, come fosse indispettito di vederci tanto acclamati incominciò a rovesciarci a dosso un torrente di acqua che in pochi secondi ci ridusse come pulcini. Sembrava che l’inferno stesse per scatenarsi contro di noi e giù acqua e tuoni da non potersi dire, era un vero pandemonio! Ma noi, incuranti di tutto questo diavolerio, marciavamo verso la stazione cantando le nostre canzoni preferite. Alle ore 24, il treno si mosse, per portarci a Roma, nostra nuova meta.

Roma 7-10-1937
Siamo arrivati alla nostra capitale alle ore 10 circa. Erano ad attenderci alla stazione molte alte personalità civili e militari, primo tra tutti S.E. Russo. Perfettamente inquadrati siamo usciti dalla stazione con in testa la musica della Milizia di Roma per dirigerci alla caserma Mussolini dove era stabilito per il nostro accasermamento. Appena arrivati fummo subito sistemati ognuno al suo posto, senonchè terminate tutte le operazioni per il nostro assestamento, al trovarci in una città tanto grande fra tanto movimento incominciò a delinearsi nei nostri animi, abituati alla calma, un certoché di smarrimento sembrava ci prendesse anche un po’ di nostalgia, incominciava a subentrare in noi il pensiero dei nostri paesi e delle persone care che avevamo lasciate a casa. Ma tutto questo non ebbe che la durata di un attimo, poiché la nostra esuberanza giovanile, il nostro entusiasmo ci fece passar sopra a tutte queste sottigliezze per dare posto alla nostra usuale spensieratezza e alla nostra allegria. La nostra permanenza a Roma, fu un vero supplizio per noi legionari bramosi di poter servire la nostra fede e costretti a starcene inoperosi tanto tempo. Tutti i giorni si spargevano voci contraddittorie. Chi diceva che si doveva partire per la Spagna e allora esultavamo ma subito dopo un’altra voce diceva che il nostro Battaglione sarebbe rimasto a Roma come riserva permanente e allora provavamo una stretta al cuore, pensando che tutti i nostri sogni di lotta e di gloria svanivano come nebbia al sole. Durante il tempo che abbiamo trascorso nella capitale abbiamo avuto anche delle soddisfazioni e prima fra tutte quella della visita del nostro Capo Supremo S. E. Benito Mussolini.
Questa rivista ce l’ha passata verso la metà di novembre al Comando Generale della Milizia. Nel cortile di questo Comando ci sono 2 Battaglioni il nostro e quello di Verona. Sono circa le ore 16 quando il Duce, accompagnato dalla Delegazione Tedesca e da parecchi altri funzionari del Partito e gerarchi della M. V. S. M. è entrato nel cortile. Al comando dato da S. E. Russo di presentare le armi, rispondemmo ad una voce un formidabile “a noi” che echeggiò come un colpo di cannone. Quindi accompagnati dal suono della musica dei militi cantammo la Preghiera del Milite e il Duce si compiacque molto con noi per il modo con cui abbiamo cantato, poi cantammo la canzone Cantate dei Legionari e questa volta anche il Duce si è messo a cantare con noi. In fine dopo aver cantato diverse altre canzoni patriottiche, prima di ritornare alle nostre caserme abbiamo sfilato in parata davanti al Duce ed abbiamo offerto ….. di Verona e Milano abbiamo cantato alcune canzoni che poi hanno inciso nei dischi.

Roma 8-12-1937
Questo è il giorno più brutto della nostra mobilitazione, è in questo giorno che sono crollate tutte le nostre speranze di gloria e di combattimento che avevamo formulate per la Spagna. In fatti alla mattina abbiamo fatto adunata di ogni compagnia ed i nostri Comandanti ci hanno dato la notizia che il nostro Battaglione era smobilitato. Per noi questa notizia è stata come una doccia fredda in piena estate. In tutti i volti si poteva leggere il disappunto e il dispiacere ma oramai non c’era più nulla da fare e si doveva ritornare a casa.
Senonché c’era quest’altra novità, ossia tutti quelli che avessero voluto avrebbero potuto andare in A.O.S. ma la delusione provata per la mancata partenza per la Spagna, ha fatto si che si spegnesse in noi tutto l’entusiasmo di cui eravamo tutti animati prima e la maggior parte di noi preferì ritornare a casa. Non fu così però anche per me, amante dell’avventura, anziché ritornare a casa ho preferito mettere la firma anche per l’Africa, pensando che anche così avrei servito alla causa della mia Patria e con me anche parecchi altri camerati. Quel giorno stesso, insieme a tutti i miei compagni volontari per l’Africa, sono andato in licenza per rivedere i miei cari prima di partire per questa nuova avventura. In licenza ci sono stato per tre giorni, ma questi giorni mi sono volati come il vento. Al momento di distaccarmi dai miei cari sembrò si affacciasse in me un po’ di pentimento per aver fatto questa firma, specialmente quando è stato il momento di distaccarmi dalla mia fidanzata, mi sembrava che questo distacco dovesse essere l’ultimo, mi sembrava che la dovessi lasciare per non rivederla mai più. Ma tutto questo non ha avuto che la durata di un momento, poiché mi sono subito ripreso e dopo un ultimo abbraccio, benché con il cuore in pena nel vederla piangere mi sono allontanato per andare alla stazione, vergognandomi con me stesso per aver avuto quel momento di debolezza. Alla stazione ho trovato tutti gli altri miei compagni che partivano con me ed in loro compagnia svanì ogni residuo di malinconia per dare posto a quell’allegria spensierata propria in noi legionari.

Roma 14-12-1937
E’ stata ultimata la formazione di un nuovo Battaglione che ha preso il nome di 240° ed è formato da una compagnia di Ancona, una di Verona ed una di Udine. Sono le ore 12 circa quando inquadrati e con lo zaino in spalla ci dirigiamo alla volta della stazione Termini. Alle ore 14 il treno parte e ci porta a Castellammare di Stabia, dove ci stiamo tre giorni.

Castellammare di Stabia 17-12-1937
Ore 3 del mattino, sveglia e dopo aver preparato lo zaino, si parte per Napoli dove giungiamo alle ore 9 circa. Arrivati a Napoli andiamo al C. Zoppa per A.O.I. dove ci accasermiamo. In questa caserma ci danno la nuova divisa coloniale con tutto il corredo compreso.

Napoli 20-12-1937
Finalmente dopo tante peripezie è arrivato il momento di salire sul piroscafo e partire. In noi ancora persiste la speranza di andare in Spagna, ma non è che sperare l’impossibile. Sono circa le 14 quando lasciamo la caserma per andare al porto. Arrivati alla banchina trovammo pronto il piroscafo Calabria sul quale aveva preso posto il 151° Battaglione di Bari. Appena arrivati iniziammo le operazioni d’imbarco e dopo di noi, salì il 173° Battaglione. Terminate queste operazioni d’imparco, giunse al porto S.E. Russo, il quale venne a darci l’ultimo saluto prima di partire. Alle ore 19 circa il piroscafo si mosse mentre la musica suonava inni patriottici e le gente affollata sulla banchina salutava gettando alte acclamazioni. Da questo momento ha inizio per noi partenti una nuova vita. Tutti quanti siamo affollati sopra coperta, e guardiamo muti le luci della città di Napoli che man mano si allontanano finché non scompaiono completamente dalla nostra vista. Allora ognuno di noi ritornò alla propria cuccetta. A me sembrava di essermi svegliato da un lungo sogno, sentivo tutta la grandezza del momento. In quell’ora ho sentito veramente cosa fosse l’attaccamento alla propria terra e al pensare che la stavo lasciando e che allontanandomi da questa terra, mi allontanavo da tutte le persone care, provavo uno stringimento al cuore. Mi pareva di rivedere il povero nonno nel momento del distacco e lo vedevo sforzarsi per non piangere per mandarmi via più contento, rivedevo i miei zii, la piccola Maria, infine nitida mi apparve la figura amata della mia fidanzata, la rivedevo con gli occhi bagnati di pianto, in atteggiamento di dolce rimprovero per averla abbandonata con la mia partenza, e allora mi venne un nodo in gola e mentalmente le chiesi perdono. Intanto la nave incominciò ad avere un noioso dondolio e più di un milite incominciò a risentire il mal di mare.
Anche io sentendomi appesantirsi la testa, mi coricai sulla mia cuccetta e mi addormentai di un sonno alquanto agitato.

Piroscafo Calabria 21-12-1937
Mi svegliai la mattina molto per tempo, sono salito sopra coperta. Il mare è alquanto agitato ed il piroscafo beccheggia. Molti militi hanno forti conati di stomaco ed anche io sembra che risenta un po’ di mal di mare, ritorno subito nella mia cuccetta e lì mi sembra di stare un po’ meglio. Nel pomeriggio arriviamo in vista dello stretto di Messina e dopo un paio di ore l’abbiamo lasciato alle nostra spalle.

Da bordo del Calabria 22-12-1937
Siamo in pieno mare Mediterraneo, il Calabria avanza lentissimamente e beccheggia che è un piacere, il mare è sempre agitato e molti militi sono molto malandati causa il persistente mal di mare. Io per fortuna, per quanto non mi senta troppo in gamba, pure lo resisto bene.

P. Calabria 24-12-1937
Sono quattro giorni che navighiamo e le cose sono sempre al medesimo stato di prima, tutti i giorni la stessa cosa, non si vede che cielo e mare e le ore passano monotone e lente, sembrano eterne. Questo giorno è vigilia di Natale ognuno suo malgrado si sente preso dalla nostalgia. Quanta differenza tra questa vigilia e quella degli anni passati. Tutti i mortali in questo memorabile giorno, che precede il S. Natale, specialmente alla sera si riuniscono chi in un posto chi in un altro, si divertono giocando e prendendo i tradizionali ponci attendendo la mezzanotte, poi in allegre comitive si recano alla Chiesa per ascoltare la cerimonia che ricorda ai credenti la nascita di Gesù Cristo. Soltanto per noi non c’è nulla di tutto questo. In questa sera mentre tutti si divertono noi ci troviamo in alto mare dimenticati da tutti e forse anche dai nostri cari. Allora scende nei nostri cuori un fitto velo di malinconia e con l’animo triste ci corichiamo nelle nostre cuccette asciugandoci di quando in quando qualche furtiva lacrima che non abbiamo potuto trattenere.

P. C.bria 25-12-37
Giorno di Natale. Ma è proprio vero che oggi sia Natale? A noi non sembra ma è così. Per noi questo è un giorno molto più brutto degli altri. In che modo noi possiamo riconoscere che oggi è Natale? Soltanto perché è segnato nel calendario. Oggi abbiamo avuto una variante anche sul rancio, infatti in riconoscimento di questo grande giorno: al solito pezzo di carne lessa, hanno aggiunto alcuni pezzetti di cipolle condite con olio e aceto. Che bel pranzetto eh? Nel pomeriggio arriviamo a Port Said dove ci fermiamo un paio d’ore.
Nel frattempo che la nave sta ferma in porto un’infinità di venditori di tutte le razze saliti su barche circondano la nave, vendendoci ogni sorta di roba, dai dolciumi alle cose più svariate. Verso sera riprendiamo la rotta e imbocchiamo il canale di Suez. In questo canale la nave procede lentissima e più di una volta si è fermata per lasciare il passo ad altre navi. La traversata di questo canale ci ha offerto un pittoresco spettacolo della natura e ci ha mostrato di quale miracoloso lavoro sia stata capace la mano dell’uomo.
Ogni tanto da una parte si vedevano dei bei villini tra giardini verdeggianti mentredall’altro non si vedeva che l’arido deserto il quale contrastava con la bellezza dei primi.

P. C.bria 26-12-37
Ci troviamo ancora nel canale e giungiamo a Porto Suez nel pomeriggio. La nave si ferma un momento per far scendere il pilota che ci ha accompagnato nell’attraversata del canale. Intanto da terra molte persone ci salutano. Tra queste ci sono parecchi Italiani che qui risiedono e noi li distinguiamo perché sventolano bandierine tricolori. Dopo pochi minuti la nave riprende la sua lenta navigazione. Ora ci troviamo nel Mar Rosso, questo mare è molto calmo, anche l’aria si comincia a sentire che è più calda di prima. Ora anche il mal di mare è sparito da tutti noi così si vedono tutti i militari come rinfrancati, incomincia a ritornare la solita allegria, qua e là qualche gruppetto ricomincia a cantare, in una parola sembra che la vita ritorni dopo tanti giorni di grigiore. Ora le mie giornate le passo arrampicato in cima ad un pennone della nave dove ho trovato un posticino comodo e quello è il mio posto preferito. Specialmente la sera è in quel posto che passo delle ore di vera calma e tranquillità. Dopo aver consumato l’ultimo rancio della giornata, insieme al mio carissimo amico Romolo Brugiatelli, salgo su questo posto e tutti e due incominciamo delle lunghissime conversazioni ed il nostro argomento preferito è sempre il solito: la fidanzata!
Raccontiamo l’uno all’altro come assorti in un vago pensiero tutta la nostra vita i nostri amori, non abbiamo un segreto che non sia conosciuto da entrambi. Alle volte le nostre conversazioni subiscono lunghe pause e sono questi i nostri più bei momenti. Ovunque regna una calma e una tranquillità veramente riposante, allora ecco che la fantasia vola lontano vicino alle nostre persone più care, incomincio a sognare ad occhi aperti, mi stringo vicino alla mia dolce fidanzata, sento laq sua voce amorevole parlare vicino al mio orecchio e ripetere le parole più dolci e care, in quei momenti di estasi soave mi sembra di non appartenere più ai comuni mortali, parlo lungamente da solo, rispondo a tutte le sue domande come se essa mi fosse veramente vicina, e questa estasi dura per ore ed ore finché la stanchezza e il sonno non prendono il sopravvento su me ed allora ritorno alla realtà e di cattivo umore mi ritiro e vado a dormire.

P. C.bria 30-12-37
Finalmente dopo tanti giorni di navigazione, arriviamo al porto di Massaia. Appena sbarchiamo ci vengono incontro due nostri vecchi amici, che si trovano in Africa da qualche tempo quali operai. Il nostro incontro è molto affettuoso e subito dopo il primo momento di commozione ci investiamo di domande. Essi vogliono avere notizie dell’Italia mentre noi viceversa. Però il tempo che abbiamo a disposizione è molto breve poiché c’è l’autocolonna pronta per partire e quindi ci dobbiamo lasciare per salire sui camion. Partiamo subito alla volta di Decamerè dove arriviamo a notte avanzata. Appena arrivati siamo rimasti molto meravigliati nel sentire che faceva un freddo incredibile, veramente non ce lo aspettavamo di trovare un freddo simile in Africa. C’era una nebbia che si poteva tagliere con il coltello tanto era fitta. Facemmo subito le tende e andammo a riposare. Questo riposo però è stato molto relativo se si considera che abbiamo dormito per terra: il freddo era intenso, la terra bagnata e tutta la notte non abbiamo fatto altro che battere i denti dal freddo.


Decamerè 31-12 1937
Mi sono svegliato questa mattina che ero tutto intirizzito dal freddo e le ossa mi dolevano per avere dormito per terra. Appena alzato aiuto i miei compagni a sistemare la tenda.