Il Colle di San Cataldo
Ceduta la rocca malatestiana alla Chiesa, il cardinale Alnornoz si trasferiva nel 1356 in Ancona ed ordinava la sistemazione del fortilizio “che con meravigliosa arte fu in salde e grosse mura edificato” sul colle di San Cataldo[1] divenuto in tal guisa segnacolo ancor infido e funesto di tirannica oppressione. La natura stessa infatti aveva concesso al colle temute caratteristiche di dominio che il sapiente artificio degli uomini aveva saputo agevolmente accrescere e ingagliardire.
Alto 104 metri sul livello del mare, da esso, nel secolo XIV, potevasi discendere per sentiero praticabile nella sottostante scogliera litoranea[2] il che oggi non è più possibile a causa della violenza del mare e del lavorio degli agenti atmosferici che hanno svolto nei tempi una rapidissima opera disgregatrice, intaccando profondamente le marne mioceniche del contrafforte su cui sorge il Guasco, il San Cataldo, il Cardato e rendendo pressoché inaccessibile dalla parte marittima.
Gli scogli emersi di San Clemente e San Clementino e quello affiorante della Volpe indicano quale era la linea dei frangenti in epoca relativamente vicina: tanto vicina e recente che, verso la metà del secolo XVI, l’opera di corrosione fece crollare la chiesa parrocchiale di San Clemente, che sorgeva laddove oggi esiste lo scoglio che dalla chiesa trasse nome.[3]
Dal che può desumersi che nel secolo XIV l’estremo margine costiero doveva certamente sopravanzare quello attuale di oltre un centinaio di metri e che di altrettanto doveva sporgere il ciglio della rupe sovrastante.
Questo elemento orografico il colle di San Cataldo domina il Guasco ed il Cardato e ne è da esso inquadrato limitato come è, ad occidente ed ad oriente, da valloncelli e ripiani su cui esso cade con rupi dalle pareti erte e talvolta piombanti.
A mezzogiorno il colle si distendeva dolcemente verso la vallata della Pannocchiara (Piana degli Orti) determinata nel tratto inferiore da un lato dal San Cataldo e, nel versante opposto, dalle Falde dell’Astagno. Su questa zona in parte e, più specialmente, sui colli del Guasco e dell’Astagno, sorgeva la città di Ancona, rinserrata nel secolo XIV da mura castellane, le quali, munite di fossato antistante, dipartivansi dal San Cataldo, scendevano per S. Pietro, a porta Farina e a porta Calamo e si prolungavano, per i Torrioni, fino a San Francesco ad Alto.[4]
A San Francesco le mura si coinnestavano con quelle di porta Capodimonte sviluppandosi, ulteriormente, lungo il ciglio nord-orientale dei dirupi del colle Astagno.
A difesa della spiaggia, nel tratto intercedente fra lo scoglio di San Luca (Porto Pia) e l’Arco di Traiano, ergevasi una linea di torri isolate l’una dall’altra e prive di cortine interposte.
Dalla sommita del San Cataldo, che sorge in vetta al promontorio di Ancona, la vista è mincantevole e lo sguardo può spaziare sullo smisurato orizzonte adriatico, sviluppatesi in un mirabile arco che da monte Conero si prolunga sino alla lontana punta di Pesaro.
A cielo limpido e terso, dalla luminosità trasparente d’oltre sponda sorge, quale nitida apparizione di fata morgana, la visione cerulea della rocciosa costa dalmata, baciata dal mane sostro d’Oriente.
Verso terra l’orizzonte si completa con le verdi colline che si accavallano e salgono lontano sulla catena appenninica, fino a fondersi armoniosamente con l’azzurro del cielo.
Fragranze di mare e di collina ovunque sature di colore e di luce bellezze calde di risorse naturali indistruttibili perché perenni ed immutabili nei tempi
Il colle ha mantenuto la sua fisionomia secolare: un poco malinconica fatta di austerità di silenzio di lontananza. La sua anima antica si ridesta però e si rileva al sognatore che sappia denudare la terra dalle sovrastrutture della civiltà invadente; a chi sappia intendere la voce del mare e l’ululo del vento, facendo parlare ai ricordi di chi vide nei lontani tempi e lasciando alla fantasia creatrice il ritessere quanto i secoli dispersero, ma non annullarono.
[1] Peruzzi, pag. 76 Colle San Cataldo, oggi (1939) dei Capuccini ove sorgono il semaforo e la Caserma Stamura
[2] Leoni, “Ancona Illustrata” pag. 2
[3] Nei Libri della pubblica segreteria anconitana rilevasi che nel 1536 dal Colle Guasco discendevasi alla chiesa di San Clemente, cfr. Leoni, Istoria di Ancona, vol. 1, pag. 66
[4] Porta Calamo: fu costruita nel 1329 e demolita nel 1862. Sorgeva nell’attuale piazza Roma all’altezza della fontana delle 13 cannelle. San Francesco ad Alto attuale (1939) ospedale militare. Mura di porta di Capidimonte: sull’Astagno, edificate ne XIII secolo: porta Capodimonte fu costruita nel 1335.
Ceduta la rocca malatestiana alla Chiesa, il cardinale Alnornoz si trasferiva nel 1356 in Ancona ed ordinava la sistemazione del fortilizio “che con meravigliosa arte fu in salde e grosse mura edificato” sul colle di San Cataldo[1] divenuto in tal guisa segnacolo ancor infido e funesto di tirannica oppressione. La natura stessa infatti aveva concesso al colle temute caratteristiche di dominio che il sapiente artificio degli uomini aveva saputo agevolmente accrescere e ingagliardire.
Alto 104 metri sul livello del mare, da esso, nel secolo XIV, potevasi discendere per sentiero praticabile nella sottostante scogliera litoranea[2] il che oggi non è più possibile a causa della violenza del mare e del lavorio degli agenti atmosferici che hanno svolto nei tempi una rapidissima opera disgregatrice, intaccando profondamente le marne mioceniche del contrafforte su cui sorge il Guasco, il San Cataldo, il Cardato e rendendo pressoché inaccessibile dalla parte marittima.
Gli scogli emersi di San Clemente e San Clementino e quello affiorante della Volpe indicano quale era la linea dei frangenti in epoca relativamente vicina: tanto vicina e recente che, verso la metà del secolo XVI, l’opera di corrosione fece crollare la chiesa parrocchiale di San Clemente, che sorgeva laddove oggi esiste lo scoglio che dalla chiesa trasse nome.[3]
Dal che può desumersi che nel secolo XIV l’estremo margine costiero doveva certamente sopravanzare quello attuale di oltre un centinaio di metri e che di altrettanto doveva sporgere il ciglio della rupe sovrastante.
Questo elemento orografico il colle di San Cataldo domina il Guasco ed il Cardato e ne è da esso inquadrato limitato come è, ad occidente ed ad oriente, da valloncelli e ripiani su cui esso cade con rupi dalle pareti erte e talvolta piombanti.
A mezzogiorno il colle si distendeva dolcemente verso la vallata della Pannocchiara (Piana degli Orti) determinata nel tratto inferiore da un lato dal San Cataldo e, nel versante opposto, dalle Falde dell’Astagno. Su questa zona in parte e, più specialmente, sui colli del Guasco e dell’Astagno, sorgeva la città di Ancona, rinserrata nel secolo XIV da mura castellane, le quali, munite di fossato antistante, dipartivansi dal San Cataldo, scendevano per S. Pietro, a porta Farina e a porta Calamo e si prolungavano, per i Torrioni, fino a San Francesco ad Alto.[4]
A San Francesco le mura si coinnestavano con quelle di porta Capodimonte sviluppandosi, ulteriormente, lungo il ciglio nord-orientale dei dirupi del colle Astagno.
A difesa della spiaggia, nel tratto intercedente fra lo scoglio di San Luca (Porto Pia) e l’Arco di Traiano, ergevasi una linea di torri isolate l’una dall’altra e prive di cortine interposte.
Dalla sommita del San Cataldo, che sorge in vetta al promontorio di Ancona, la vista è mincantevole e lo sguardo può spaziare sullo smisurato orizzonte adriatico, sviluppatesi in un mirabile arco che da monte Conero si prolunga sino alla lontana punta di Pesaro.
A cielo limpido e terso, dalla luminosità trasparente d’oltre sponda sorge, quale nitida apparizione di fata morgana, la visione cerulea della rocciosa costa dalmata, baciata dal mane sostro d’Oriente.
Verso terra l’orizzonte si completa con le verdi colline che si accavallano e salgono lontano sulla catena appenninica, fino a fondersi armoniosamente con l’azzurro del cielo.
Fragranze di mare e di collina ovunque sature di colore e di luce bellezze calde di risorse naturali indistruttibili perché perenni ed immutabili nei tempi
Il colle ha mantenuto la sua fisionomia secolare: un poco malinconica fatta di austerità di silenzio di lontananza. La sua anima antica si ridesta però e si rileva al sognatore che sappia denudare la terra dalle sovrastrutture della civiltà invadente; a chi sappia intendere la voce del mare e l’ululo del vento, facendo parlare ai ricordi di chi vide nei lontani tempi e lasciando alla fantasia creatrice il ritessere quanto i secoli dispersero, ma non annullarono.
[1] Peruzzi, pag. 76 Colle San Cataldo, oggi (1939) dei Capuccini ove sorgono il semaforo e la Caserma Stamura
[2] Leoni, “Ancona Illustrata” pag. 2
[3] Nei Libri della pubblica segreteria anconitana rilevasi che nel 1536 dal Colle Guasco discendevasi alla chiesa di San Clemente, cfr. Leoni, Istoria di Ancona, vol. 1, pag. 66
[4] Porta Calamo: fu costruita nel 1329 e demolita nel 1862. Sorgeva nell’attuale piazza Roma all’altezza della fontana delle 13 cannelle. San Francesco ad Alto attuale (1939) ospedale militare. Mura di porta di Capidimonte: sull’Astagno, edificate ne XIII secolo: porta Capodimonte fu costruita nel 1335.