La crisi armistiziale del settembre 1943 ha messo gli Italiani di fronte a se stessi. Dopo un ventennio di dittatura, voluta dalle classi dominanti per mantenere i loro privilegi e per non attuare quelle riforme sociali promesse durante i giorni tremendi della prima guerra mondiale all’indomani di Caporetto, ed una guerra durata 39 mesi voluta dal regime fascista in cui non si erano ben definiti gli obiettivi strategici e soprattutto non si avevano dottrine, mezzi, materiali per affrontarla, l8 settembre 1943 tutti i nodi vennero al pettine. Travolta dai suoi stessi errori, la Monarchia, complice del fascismo, non trovò di meglio che fuggire da Roma, mettersi al sicuro dietro lo scudo alleato, e lasciare gli italiani senza guida, sena protezione, senza legge, alla merce del nostro nemico ereditario, che si presentava sotto le vesti, questa volta, del nazista espressione di quel regime del genocidio che ha segnato di sangue il secolo breve.
I grandi drammi politico- scoiali non possono che riverberarsi sulla vita di ogni uomo e donna. E la generazione, nata sotto il fascismo, ma per la gran parte non contaminata da esso, si trovo di fronte a se stessa: come tutti gli italiani si dovette scegliere sull’onda degli avvenimenti.
Per molti soldati non ci fu nemmeno questo. Sorpresi dall’iniziativa tedesca, che già all’indomani del 25 luglio aveva predisposto piani ed azioni per ridurre l’Italia in schiavitù, appena fu proclamo l’armistizio la furia teutonica si abbattè sull’Italia e sugli Italiani.
Soprattutto sui militari. Questi, lasciati senza ordini, non ebbero la possibilità di difendersi e furono tutti catturati ed inviati in Germania, come lavoratori schiavi, senza lacuna protezione giuridica, nemmeno riconosciuto lo status di prigionieri di guerra. Erano considerati poco al di sopra degli Ebvrei, destinati allo sterminio, ed ai prigionieri della Unione Sovietica, che non godevano delle protezioni del Diritto Internazionale. Furono 600.000 i soldati che ebbero questa sorte. Una sorte, però, che nella tragedia, come tutto quello che riguarda la guerra di Liberazione. Si trasformò in epopea e forza morale ed esempio.
I seicentomila, ebbero il coraggio morale e civile di rifiutare ogni proposta accomodante e dei nazisti formulata attraverso i collaboratori della Repubblica di Salò. Fu un no generalizzato, detto e mantenuto da una generazione che il fascismo aveva cresciuto ed allevato. Un no che fu di fatto, anche agli occhi dei tedeschi, la deligittimazione della Repubblica Sociale Italia. E’ quel fronte della resistenza, il fronte della resistenza del filo spinato che è una delle pagine più esaltanti della nostra storia recente e che rappresenta uno dei fondamenti della Nostra repubblica.
Con questi sentimenti, appena appreso dai quotidiani locali del rientro ad Osimo della salma del milite Giulio Marchetti morto nell'ultimo conflitto in Germania nel 1944 e li sepolto nel cimitero militare Zehlendorf di Berlino, l'ANPI ha comunicato ai familiari del bersagliere Caduto la propria intenzione di rendere omaggio al concittadino vittima ferocia nazista, assicurando la presenza della bandiera dei partigiani osimani sia all'arrivo dei resti nel cimitero di S. GIovanni sia alla funzione religiosa di sabato2 luglio 2011