Centro Studi di Castel d'Emilio ed Agugliano

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lunedì 20 aprile 2009





EDIZIONE NUOVA CULTURA
LA RICOSTRUZIONE E LO STUDIO DI UN AVVENIMENTO
MILITARE

COLTRINARI M. - COLTRINARI L.
ISBN 978886134267
pagg. 292 - 2009 - € 18,50
f.to 17X24
Collana <>>

Il volume si prefigge di fornire, a studenti e ricercatori, prendendo le mosse dai dettami e
finalità del Progetto "Storia in laboratorio" promosso dalla Associazione Combattenti
della Guerra di Liberazione volto a divulgare e far conoscere la Storia alle nuove
generazioni, uno strumento utile al fine di ricostruire e studiare, il più correttamente
possibile, un evento storico-militare (del passato) proponendo un metodo di analisi
consequenziale.Prendendo a riferimento il fenomeno "guerra", il volume propone
schemi attagliati, anche in combinazione tra loro, alla guerra classica, alla guerra
rivoluzionaria e/o sovversiva, con le più varie accezioni, ed alle recenti peace support
operations, ove, in questo caso, i soggetti protagonisti da due passano a tre (parti in
conflitto/ forze di interposizione o "di pace").Sono "note",suggerimenti che ognuno
dei destinatari può, anzi deve, interpretare secondo la sua creatività, nella più ampia
accezione della libertà di pensiero, rispettando solo i criteri di scientificità e di coerenza,
al solo fine della conoscenza, la più ampia, onesta e completa possibile.
Un volume che vuole essere uno strumento, più da consultare che da leggere.
EDIZIONI NUOVA CULTURA -
P.le Aldo Moro 5 00185 ROMA - Per info visitare il sito: www.nuovacultura.it
Per ordinare il testo invia una e-mail all'indirizzo: ordini@nuovacultura.it
direttamente: contattare Gennaro Guerriero
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martedì 14 aprile 2009

La Comunità ebraica nell’ambiente mercantile anconetano del XVIII secolo

Silvia Senigalliesi

La comunità ebraica anconitana inserita nel territorio cittadino da antica memoria, le prime fonti certe parlano del X – XI secolo, anche se il Ciavarini fa risalire la presenza giudaica sul territorio già in epoca romana- attraversa nel XVIII secolo profondi cambiamenti che mutano l’organizzazione sociale interna della comunità e rivoluzionano i rapporti con la cittadinanza.
Nel corso dell’Età Moderna la comunità anconitana, che conta più di mille unità e rappresenta uno degli otto insediamenti ebraici più numerosi in Italia, vive semireclusa all’interno delle mura circoscritte del ghetto, ma con delle concessioni economiche particolari rispetto alle altre, poiché è troppo necessaria allo Stato Pontificio, di cui fa parte, quale trainante dell’economia adriatica.
L’attività principale della comunità è infatti la mercatura in particolar modo diretta verso i territori del Levante, organizzata in maniera eccellente da mantenere in vita anche nel corso del Seicento attivi contatti commerciali nel microcosmo adriatico atti a traghettare l’economia cittadina al di là della negativa congiuntura economica che investe il territorio italico e l’Europa in generale.
Gli ebrei in Ancona commerciano pellami, cere, prodotti artigianali scambiati nei porti dalmati, nei territori del Levante e nelle principali città europee, in prevalenza tra correligionari. Sono intensi, infatti, i contatti con le altre comunità ebraiche legate a quella anconitana da solide unioni matrimoniali. In questa prima fase del XVIII secolo gli ebrei sono anche prestatori - usurai, come li definisce la comunità cristiana - anche se questa attività è soltanto un corollario ad un’intensa attività commerciale. La popolazione del ghetto, che rappresenta l’11% della popolazione cittadina, è divisa al suo interno in due gruppi etnici: quello levantino e l’altro più propriamente autoctono. Sono uniti in apparenza ma divisi, come dimostra l’esistenza di una sinagoga levantina costruita in prossimità del porto e di compagnie di assistenza interne al ghetto ed accessibili soltanto agli ebrei levantini. La comunità ebraica possiede un organo di autogoverno, l’Universitas, che rappresenta la comunità ebraica di fronte alle istituzioni cristiane, cura quindi i rapporti con il mondo “esterno” dal redigere le controversie a fare da tramite nel prelievo fiscale che la comunità cristiana esige. Svolge anche attività interne alla comunità in qualità di ammortizzatrice degli squilibri sociali, ma la sua funzione più importante è quella di mantenere la coesione interna e garantire il rispetto delle tradizioni.
L’evento nuovo che modifica la consuetudinaria attività mercantile svolta dagli esponenti della comunità ebraica è la proclamazione del Porto Franco nel 1732. L’attuazione del regime di franchigia doganale richiesta a lungo dagli anconitani ed anche dagli esponenti della Universitas ebraica, è concessa da Papa Clemente XII nel tentativo di rivitalizzare i languenti traffici economici cittadini decaduti nel corso del XVII secolo. Le nuove esenzioni favoriscono la ripresa dei commerci: nel breve periodo, fino al 1740, si verifica un sostanziale aumento delle navi straniere che attraccano al porto, come risulta evidente dai registri dell’Arco di Traiano. Una ripresa che va nel senso di una forte ponentizzazione dell’economia.
Ora sono principalmente navi inglesi, olandesi, francesi quelle che sostano nel porto dorico con i loro carichi di prodotti finiti e si riforniscono di materie prime, derrate agricole e semilavorati. La franchigia, quindi, dà la possibilità ai mercanti stranieri di contrarre nuovi e redditizi investimenti. In città sono soprattutto le grandi casate commerciali a trarre i maggiori profitti. Primo fra tutti il signor Francesco Trionfi, artefice di una sorprendente ascesa sociale che nel giro di un decennio lo vede impegnato in diversi affari economici e che domina con i suoi atti di cambio marittimo, procure e compravendite le carte notarili dei notai anconetani; il Nembrini, nobile anconitano, che s’inserisce nel giro d’affari prodotto dal cambio marittimo tenuto in mano dagli esponenti della comunità ebraica già da diversi decenni.
La franchigia, positiva in un primo momento, fa sì che si aggravi in città il divario fra i grandi capitalisti e la moltitudine dei mercanti: da una parte la borghesia e la nobiltà che si arricchiscono notevolmente e dall’altra la popolazione che impoverisce sempre di più. Nel giro di un ventennio si profilano i problemi legati alla franchigia. Il Caracciolo al riguardo parla di un successo esogeno, poiché non scaturisce da un dinamismo interno alla città e consente ingenti guadagni solamente agli imprenditori stranieri ed ad alcuni imprenditori locali. Mancò la connessione con un forte retroterra agricolo, sia uno sviluppo tecnologico in campo manifatturiero: ressero infatti solamente gli opifici tradizionali, legati ad un’economia di sussistenza. Il Porto Franco portò un progresso troppo veloce nello stagnante Stato Pontificio.
A questo punto è lecito chiedersi se il regime di Porto Franco abbia mutato in qualche modo la vita economica e sociale anche degli esponenti della comunità israelitica e con quale intensità. Come accade per la cittadinanza, si verifica il fenomeno di arricchimento di una parte esigua delle famiglie del ghetto che aumentano ancora di più la loro agiatezza. Dall’analisi delle carte notarili del notaio Francesco Saverio Betti, quindi svolgendo indagine a campione, si evidenzia la vitalità economica degli ebrei anconetani ma va altresì rilevata la prevalenza di una parte sociale del ghetto rispetto ad un’altra: chi stipula contratti di società, chi ha una parte attiva nei commerci cittadini ed attiva procure, chi concorda matrimoni che prevedono somme consistenti in dote, chi infine acquista Jus Cazacà, ovvero diritti di inquilinato perpetuo poiché agli ebrei non è concesso il possesso di beni immobili, è sempre la parte più ricca del ghetto che ha fatto fortuna anche grazie al Porto Franco. L’analisi degli atti notarili non consente una visione d’insieme sulla vera vita all’interno della comunità ebraica: emerge infatti l’illusione di trovarsi di fronte ad una compagine agiata caratterizzata da una ricchezza diffusa.
Il forte grado di maturazione economica raggiunta da una parte minoritaria della comunità fa sì che all’occhio dell’osservatore cristiano settecentesco quello ebraico risulti un gruppo sociale ricco e spregiudicato, tanto da animare sentimenti di ostilità ed invidia che sono alla base del pregiudizio antiebraico. Il livello di sviluppo economico di questa élite è tale che, grazie alla franchigia portuale, essa riuscirà a “specializzarsi” nel settore economico di assistenza al commercio attraverso il contratto di cambio marittimo.
La conseguente polarizzazione dei ceti sociali si aggrava sul finire del secolo tanto da far nascere seri contrasti all’interno del ghetto. La ricchezza smodata di alcune famiglie suscita le ire non soltanto della popolazione ebrea, ma anche l’invidia della città. Nel 1793 a tal proposito matura nei responsabili della comunità la decisione di una regolamentazione nell’esibizione della ricchezza con la celebre “Pragmatica contro il lusso”, dalla durata triennale.
Il Porto Franco, così tenacemente richiesto dalla nazione ebrea anconitana, non porta un benessere diffuso, ma una ricchezza per pochi e contribuisce ad accentuare il divario sociale. La moltitudine dei piccoli commercianti ebrei si trova improvvisamente tagliata fuori: il commercio con l’Oriente e con i porti adriatici diviene ora una direzione antiquata nel quadro delle nuove rotte economiche. Nei contratti commerciali si ripetono solo i nomi dei Coen, dei Consolo, dei Morpurgo, dei Costantini: famiglie ebraiche titolari di aziende che hanno saputo indirizzare i loro traffici ad Occidente e che una volta arricchitisi, si avvicinano sempre di più alla borghesia cittadina. Acquistano i diritti di Jus Casacà per costruirsi delle residenze fastose, iniziano ad assumere usi e mode non caratteristici della loro comunità.
Per la comunità ebraica anconitana questi anni centrali del XVIII secolo sono quindi portatori di un’intenso fervore economico e di un’apertura verso la cristianità nel tentativo di un’affermazione non più comunitaria, caratterizzata da una forte dose di individualismo da parte dell’élite più ricca dell’Universitas e parallelamente di ripiegamento su se stessa da parte della popolazione più povera. Per la prima volta alla fine del secolo si avvertono i segni dello sfaldarsi della coesione etnica e culturale che la chiusura del ghetto ha amplificato. E’ una comunità fortemente divisa al suo interno quella che attende con fiducia l’arrivo dei francesi spinta dal desiderio di riscatto, non piegata dal pessimismo di una condizione di cattività.

mercoledì 1 aprile 2009

Presentazione Del Volume

Il Borgo San Giacomo e la Misericordia di Osimo

Di
Massimo Moroni


Domenica 5 Aprile 2009 alle ore 16
presso la Sala Parrocchiale della Misericordia ad Osimo
Sarà presentato il volume dedicato al Borgo San Giacomo di Massimo Morroni

Interverranno Stefano Simoncini, Assessore alle Attività Culturali del Comune di Osimo
ed il critico letterario Prof. Linnio Accoroni

Al termine l’Autore commenterà la Proiezione di un documentario dedicato
al Borgo San Giacomo